mercoledì 19 giugno 2013

Un talento venuto in collina

Lo spettacolo erano i volti. I volti di forestieri venuti a Lu, che hanno riempito la chiesa di San Giacomo per ascoltare i virtuosismi di un ventitreenne imberbe destinato a una carriera stellare: Scipione Sangiovanni (annotate questo nome!). Uno che non si limitava a “pigiare tasti” su un piano. Ma ti toccava direttamente le corde del cuore, ti carezzava con i movimenti lenti di Bach, Busoni, Beethoven e List, ti pizzicava come i movimenti veloci per poi schiaffeggiarti con i movimenti drammatici. Io non ne capisco molto di musica classica, ma quando uno ascolta un Beethoven (Sonata in Do maggiore op. 2 n. 3) interpretato in quel modo, non c'è nulla da capire, basta ascoltare. E quel talentuoso ventitreenne mi ha rivoltato come un calzino: non è questione solo di musica, di orecchie, di suono... quando sei lì, e vedi uno così che suona in quel modo, ti ritrovi a tua insaputa a far parte della scena: eri lì per ascoltare qualcuno suonare, e ti ritrovi ad essere tu stesso ad essere suonato dalle note di persone morte che risultano più vive di molti vivi. Ti ritrovi a condividere con altri sconosciuti sentimenti e stupori. E nel momento in cui quello là, quel ventreenne, “pigia sui tasti”, quella musica ti entra dentro, assieme al suo volto, alle sue accelerazioni, alle sue frenate, ai suoi virtuosismi e alla naturalezza e apparente semplicità con cui uno fa cose sorprendenti... e tutto questo ti casca dentro, ti modifica persino il battito del cuore, come fossi sulle montagne russe. Che questo accada a Lu, in una Chiesa che doveva diventare un parcheggio, in un sabato sera qualunque, è una della strane e stupende storie che accadono in questo paese.

(scritto dopo la partecipazione a un concerto della rassegna Echos 2013 
e pubblicato su "Al pais d'Lu" di maggio 2013)


Quelle idee che aiutano a crescere

Ho sentito pubblicamente enunciare con accademica sicurezza che  ‘Oggi non è più tempo di progetti e di visioni... oggi occorre gestire il quotidiano’.  Avere l'ardire di un progetto è considerato folle, inutile o infantile, sia in severe aule universitarie che tra le strade del nostro paese. Eppure la storia e la cronaca recente dimostrano che le cose più belle del nostro paese sono nate dalla “follia” di qualcuno che ha avuto l'incoscienza di camminare saldamente nel presente ma con sguardo rivolto al futuro.
Progettare’ significa ‘gettare avanti’. Ogni progetto ha per sua natura una trazione anteriore: è immaginare il futuro che si intende creare e come arrivarci (facendo diligentemente i conti con i vincoli di tempo, denaro, risorse umane e tecnologiche, competenze...). Realizzare un progetto è dare continuità, e quindi senso, alle azioni che facciamo ora, dar loro un orientamento in vista di una meta. E se ho una meta da raggiungere, un passo non è mai sprecato, ma è un passo in avanti che mi avvicina alla meta. E tanto più lontana è la meta, tanto più avrò bisogno di compagnia: “se volete andare in fretta, andate soli; se volete andare lontano, andate insieme ad altri” recita un proverbio africano.
E per trovare compagni di viaggio abbiamo bisogno di condividere le parole e il loro significato, di condividere ambizioni, di raccontare la storia che vorremmo costruire assieme. Qualcuno dirà che “sono solo parole”, ma non c'è azione nobile o nefasta che non sia stata preceduta dalle parole e pensieri nobili o nefasti. Ecco perché possiamo fare a meno dei parolai, ma abbiamo assoluto bisogno di parole “alte”, che suggeriscano orizzonti, che non si arenino nelle beghe di campanile. Ecco perché sono importanti gli incontri organizzati da Al Pais d'Lu. Ecco perché chi a priori li etichetta come “inutili” continuerà a inciampare nei propri limiti e in un orizzonte ristretto e banale, incapace di pensare idee nuove e quindi costretto a ripetere gli stessi errori.
Progettare è un atto di coraggio e di fiducia nel futuro: non in un futuro teorico e impersonale, ma nel futuro che ha gli occhi dei nostri figli e dei nostri nipoti o le linee di un paesaggio che ci è caro. E, come diceva Groucho Marx (non quell'altro!) ‘Mi interessa molto il futuro. E’ lì che passerò il resto della mia vita’.

(pubblicato sul mensile locale "Al pais d'Lu" di maggio 2013)