sabato 12 ottobre 2013

IL GIGANTE BUONO

Un ricordo di Cesarino Meda

A volte capita che la natura si voglia divertire con le persone, prendendoci alla sprovvista. Con Cesarino Meda è successo più volte. 
A lui che all'anagrafe fu registrato con un diminutivo (Cesarino), la natura ha fornito un corpo da gigante e mani larghe come badili. E con buona pace delle carte burocratiche, per noi il Cesarino è diventato, per evidenti ragioni, il Cesarò. 
Poi, non paga di questo scherzo, la natura ha incastonato in un volto scuro arso dal sole e dal lavoro pesante, due invidiabili occhi azzurri da attore. 
Ma non è bastato ancora. Alla voce profonda, accompagnata da una espressione seria del volto, la natura aveva fornito una risata piena e contagiosa e un modo di fare che, al di là delle apparenze, sapeva essere dolce e attento. 
Ricordo che una sera, mentre stavano facendo i lavori sotto al Circolo, intravvedo il Cesarino assieme ad altri. Entro a sbirciare assieme a mia moglie. Per chi non lo sapesse, mia moglie nell'immaginario comune luese, soprattutto per chi fa lavori edilizi, è la quintessenza della persona da cui tenersi lontano, per tre buoni motivi: è donna, non ha origini luesi ed è... architetto! Ricordo che il Cesarino le si avvicina e le spiega  con precisione i lavori fatti, cercando, per buona creanza,  di  esprimersi in italiano anziché in dialetto. Termina la spiegazione, dicendo che la scala dava dei problemi... “E tu come la faresti?”, e lo dice in un modo particolare, come chi fa una vera domanda ed è  davvero interessato alla risposta. 
Il Cesarò è stata una persona come tutti noi, con i suoi pregi, i suoi difetti, le sue gioie e i suoi terribili dolori... con quella testa dura che è il marchio di fabbrica di noi luesi. Ma quella folla che si è accalcata a San Nazaro per dargli il saluto finale, testimonia che, incrociando le vite di tante persone, il Cesarino è riuscito a lasciare in tanti qualcosa di bello e di buono. 
Adesso mi piace pensarlo lassù, nel cantiere del “Circolo celeste di San Valerio”: il Corrado che spiana (“ho iniziato io il lavoro e adesso lo finisco io”), l'Angiulé che chiama a raccolta i vecchi avventori (“tutti a dare una mano, poi facciamo la briscola!”), don Mario che mette sicurezza (“andate avanti e non vi preoccupate di nulla, alla Provvidenza ci penso io!”)... e lui arriva, con il camion, la pala e la sigaretta in bocca: “Allora, che cosa c'è da fare?”. 


(pubblicato sul nr di settembre 2013 de al Pais d'Lu)