lunedì 27 gennaio 2014

La malavita è anche... cosa nostra!



Parlare di mentalità mafiosa in un piccolo centro del Monferrato. E’ quello che hanno fatto Carlo Piccini e Selma Chiosso, rispettivamente referente di LIBERA per la provincia di Alessandria e giornalista della Stampa. L'evento si è tenuto domenica 26 gennaio 2014 a Lu, in occasione dell’incontro “Finché qualcuno avrà bisogno di un favore... Mentalità e criminalità mafiosa”  organizzato dal mensile locale Al Pais d’Lu presso la sala consigliare di Lu,
La ‘ndrangheta è un fenomeno malavitoso ormai ben radicato nel Nord ovest e anche nell’Alessandrino, come dimostrano i fatti di cronaca relativi  al “cosca” di Bosco Marengo, alla triste storia di Villa Saetta e alle indagini sul Chiosco Grigio di Alessandria. Ma, accanto a questi fatti in cui la mano della ‘ndrangheta è stata dimostrata, vi sono una serie di fatti di cronaca quotidiana che potrebbero essere collegati a una presenza mafiosa ancora più capillare  (come ad esempio il caso Belsito di Lu, su cui ancora non è stata fatta piena luce). Oggi non ha più quindi senso parlare di “infiltrazione” mafiosa, in quanto la ‘ndrangheta si è ormai diventata una solida realtà ben strutturata sul territorio, con tanto di organigramma e solide alleanze con il narcotraffico internazionale. E non ha senso pensare che la malavita organizzata non attecchisca tra le nostre bucoliche colline.  
Libera, partendo dalla propria esperienza, ha sottolineato che la capacità di diffusione della ‘ndrangheta è direttamente proporzionale al silenzio e alla debolezza delle comunità (per questo i piccoli comuni sono particolarmente a rischio): clientelismo, favori propinati e accettati, trasgressione delle regole rappresentano il brodo di coltura che rende più forte la criminalità organizzata. Per contrastarla occorre rafforzare gli anticorpi della comunità: riaffermare il valore dei beni comuni e compattare le persone attorno al valore della legalità (a partire dalle piccole cose).,
“Lo Stato deve dare ai cittadini, come diritto, ciò che la mafia da’ come favore”, questa frase di Carlo Alberto dalla Chiesa, ricordata spesso anche da Don Ciotti e dallo stesso Piccini durante la serata, esprime l’essenza fra il vivere in uno stato di diritto o in uno stato mafioso.
Al termine della serata, il folto e attento pubblico è ritornato a casa con una certezza: la mafia è anche cosa nostra.

lunedì 6 gennaio 2014

NINNA NANNA DE LA GUERRA

Ecco la poesia che Trilussa scrisse nel 1914. Leggetela bene... la poesia non invecchia, è sempre contemporanea!

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d'un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

Qui Gigi Proietti legge, da par suo, una parte della poesia.

giovedì 2 gennaio 2014

IN RICORDO DI ELISABETTA TELARO


Testardamente luese 

C'è temporale e temporale. I più belli sono quelli che scuriscono il cielo con tinte forti, spazzano l'aria con un vento deciso ma non violento, fanno scrosciare acqua senza allagare cantine o far tracimare  tombini e si concludono, in pochi minuti, con un sole brillante: terminato il temporale, l'aria è pulita, il cielo terso, il profumo di pioggia è rigenerante, non c'è foschia e si vedono, laggiù in fondo, le montagne... e la natura, grazie a quella pioggia rigeneratrice, sembra rinascere più vigorosa di prima.
Elisabetta era così: un temporale che poteva scombussolarti, ma che ti lasciava sempre  più ricco, anche quando non eri d'accordo con lei. Con lei potevi discutere, persino arrabbiarti, darle della testarda (perché, per fortuna, Elisabetta era testarda...), ma l'occasione dello scontro era sempre quel supplemento di precisione, fantasia, amore del dettaglio e delle cose fatte bene. Era il suo modo di assere appassionata della vita, tramite l'arte, i libri, il teatro e quella sua irriverente, contagiosa, ironia. 
Questa estate, in San Giacomo, ci ha raccontato le fasi del restauro: la magia del ridare vita alle opere d'arte, senza improvvisazione, con metodo, con passione, alla scoperta del bello che è celato dietro i residui lasciati dal tempo o dall'incuria umana. 
L'abbiamo vista, per l'ultima volta, su un trabattello improvvisato, a pulire la lapide del Generale Gherzi, con la bandana in testa e il volto più emaciato del solito: la malattia che combatteva da dieci anni le aveva sferrato un nuovo attacco, più subdolo dei precedenti. Si era piegata, senza spezzarsi, come una canna travolta dal vento cattivo: testardamente puliva quel bassorilievo, che non le piaceva, ma riteneva importante e rispettoso farlo. Poi l'ultimo giorno dell'anno, la canna si è spazzata definitivamente: ma come un fiore, ha sparso le sue spore e una parte di lei (la più bella) si è moltiplicata e rivive nei ricordi di chi l'ha conosciuta.  Quella donna “milanese”, tenace, innamorata della vita e della cultura, battagliera, capace di essere amica, come pochi altri, nella gioia e nel dolore, ha dedicato a Lu tempo, passione, competenze e sogni... ci mancheranno i suoi rigeneranti temporali.