martedì 7 febbraio 2017

Fuori dall'euro... pensiamoci bene

C'è un grossa confusione sull'euro. Visto che ne sento di ogni tipo, a chi interessa dico come la penso io. Magari mi sbaglio, o forse no.

La tesi di chi vuole uscire dall'euro è la seguente: 
1) potremmo svalutare la moneta (chiamiamola "lira 2") e QUINDI rendere le nostre esportazioni più competitive; 
2) inoltre potremmo finalmente sottrarci all'austerity imposta dalla UE e ai conseguenti vincoli di bilancio.

Il guaio è che la realtà è un po' più complicata.

Rispetto al punto 1), uscire dall'euro = uscire dall'Unione = uscire dal mercato unico = svalutazione della "lira 2". Pertanto, dal punto di vista prettamente monetario, i prodotti italiani sarebbero più facilmente vendibili (in quanto costerebbero meno all'importatore). Piccolo problema: gran parte del nostro export è verso i Paesi UE, e uscendo dalla UE perderemmo l'accesso al mercato unico europeo (è un problema per la Gran Bretagna che aveva mantenuto la sterlina, figuratevi per l'Italia, seconda economia "manufatturiera" in Europa). Tra l'altro, rispetto alle opportunità della svalutazione per esportare di più i nostri prodotti, ricordo che nel 2012 l'euro era 1,4 sul dollaro, ora è a 1,07: le esportazioni volano eovviamente se ne avvantaggiano i Paese dell'area Euro più fortis (in primi la Germania). E' vero invece che l’inflazione alta aiuta chi ha i debiti, perché col passare del tempo l’inflazione diminuisce il valore reale del debito (perché grazie all’inflazione la moneta vale sempre meno nel tempo). Chi penalizzerebbe maggiormente l'inflazione? Le persone ricche che posseggono liquidità, che vedranno diminuire il valore reale della loro liquidità a causa dell’inflazione. Allora i ricchi, per non perdere il valore dei soldi, preferiranno investirli e spenderli, generando così lavoro. Ma potranno anche avvantaggiarsi coloro che, volendo iniziare una nuova attività e non avendo soldi, chiederanno prestiti alle banche: grazie all’inflazione il suo debito nel tempo perderà valore.
Sul fornte import, la svalutazione farebbe aumentare il costo delle materie prime che importiamo. La nostra bilancia commerciale peggiorerebbe e i prezzi interni aumenterebbero, riducendo il potere di acquisto di tutti coloro che vivono del proprio salario. Per avere un precedente storico italiano della deriva inflazionistica basta rileggersi le vicenda della  delle Am-lire.
Oltre a questo, non ci vuole molta fantasia per capire che cosa potrebbe accadere "concretamente" di fronte a un'uscita dall'euro, ci sarebbe l’assalto a bancomat e sportelli bancari... tra la sera della domenica elettorale ed il primo consiglio dei ministri, le banche sarebbero già saltate.

Rispetto al punto 2), se decidiamo di uscire dall'UE, potremmo infischiarcene del limite del 3% del deficit pubblico e ogni percorso di rientro dal debito. Ma dovremmo pure modificare l'articolo 81 della Costituzione Italiana.
Ma ipotizziamo pure di modificare la Costituzione... Se, come detto sopra, la "lira 2" si svaluta e i prezzi interni salgono, e ci togliamo dalla testa l'ombrello della BCE (che non acquisterebbe più il nostro debito), come possiamo convincere i privati a comprare i titoli di Stato italiani? C'è un solo modo: impegnandoci a pagare tassi di interesse molto più alti di oggi e aumentare la nostra credibilità verso i potenziali acquirenti che vedrebbero aumentare ulteriormente l'enorme debito pubblico. Insomma: per trovare qualcuno disposto a comprare i nostri titoli, o a rinnovare quelli che detiene, dovremmo porre in atto paradossalmente politiche più e non meno "austere" di quelle di oggi.

In sostanza, ma posso sbaglairmi, l''uscita dall'euro non darebbe ossigeno alle imprese esportatrici, aumenterebbe il costo delle importazioni, e quindi l'inflazione interna. E l'attuale bilancio pubblico sarebbe gravato da pagamenti per interessi sul debito destinati ad aumentare.

mercoledì 1 febbraio 2017

Scelta universitaria, tra inclinazioni personali e aspettative del mercato del lavoro

E' sempre utile e ricca di stimoli la lettura del rapporto annule del Censis. Ho letto con interesse le pagine che il  Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2016 dedica alla scelta universitaria (122-126).
Prima della scelta.
Il principale motivo alla base della scelta del corso di laurea è l'interesse verso la disciplina (68,4%), il secondo motivo è rappresentato dalla prospettive lavorative (16.3%). Altre motivazioni contanto poco nella scelta.
Al termine degli studi.
Un laureato su tre (32,4%) non si riscriverebbe allo stesso corso di laurea. Il motivo?  Insoddisfazione per gli sbocchi professionali aperti dopo la laurea (58,2%) e maturazione di nuovi interessi (20%).
Una conclusione: l'importanza di un orientamento più consapevole.
Prima della scelta universitaria,  l'aspetto occupazionale "pesa poco", ma, al conseguimento della laurea,  tale aspetto rappresenta il principale rimpianto per la scelta fatta. Risulta pertanto opportuno orientare maggiormente i giovani "bilanciando  le legittime inclinazioni personali (...) con le dinamiche del mercato del lavoro".

venerdì 20 gennaio 2017

piattaforma gratuita che programma la didattica per competenze

Nasce la prima piattaforma disponibile gratuitamente per tutti i docenti italiani che consente di programmare la didattica per competenze.

Atlante del lavoro e delle qualificazioni

L'Atlante del lavoro e delle qualificazioni descrive i contenuti del lavoro in termini di attività (task, compiti,…) e di prodotti-servizi potenzialmente erogabili nello svolgimento delle stesse attività descritte.

I contenuti del lavoro sono rappresentati, e resi navigabili, attraverso uno schema di classificazione formato da 24 settori economico professionali. La classificazione dei settori economico-professionali (SEP) è stata ottenuta utilizzando i codici delle classificazioni adottate dall’ISTAT, relativamente alle attività economiche (ATECO 2007) e alle professioni (Classificazione delle Professioni 2011), ed è interamente ad esse connessa. La classificazione SEP è composta da 23 settori più un settore denominato Area Comune. L’Area Comune raccoglie tutte quelle attività lavorative non caratterizzate in modo specifico da uno specifico settore come attività riguardanti: l’amministrazione, il marketing, la comunicazione e le pubbliche relazioni, gli affari generali, la gestione delle risorse umane,… In questo senso l’Area Comune è quindi da considerarsi come un addendum rispetto agli altri 23 settori di cui è composta la classificazione.

Fragili e in rosso... le startup innovative

Se ne parla tanto. Destano speranza e sogni. Sono opportuità. Sono fragili... troppo fragili, ma crescono. Ecco le startup innovative: http://www.infodata.ilsole24ore.com/2017/01/17/startup-nel-2016-reddito-operativo-oltre-6mila-imprese-innovative-negativo/?utm_source=dlvr.it&utm_medium=twitter


L’imponderabile che azzera la modernità

"Interrompere per pochi minuti il corso affannoso, e spesso vacuo, delle nostre giornate per meditare, per raccoglierci in una riflessione sul senso ultimo del nostro vivere e del nostro morire, è forse un modo più degno di altri di rendere omaggio alle vittime di questa e di altre tragedie".
http://www.lastampa.it/2017/01/20/cultura/opinioni/editoriali/limponderabile-che-azzera-la-modernit-kKHw7GCGPuvR307V2mwONJ/pagina.html?wtrk=nl.direttore.20170120.

mercoledì 4 gennaio 2017

Intervista allo storico Antony Beevor

"La persistenza della memoria" di Dalì
Parla di storia e di giornalismo, della lentezza dello storico che deve allontanarsi dai fatti per comprenderli e della velocità del giornalista che non ha tempo ma deve reagire velocemente. Parla degli storici del futuro e di quelle tracce di storia futura già presenti ora (un'età pre-globalizzazione e una post-globalizzazione). L'intervista allo storico inglese Antony Beevor rilasciata per Linkiesta è una testimonianza interessante perché "sarà la fretta a uccidere la democrazia".

martedì 3 gennaio 2017

Legge di bilancio 2017: a chi spettano le risorse e gli sgravi fiscali

L'Istituto Bruno Leoni ha pubblicato il focus "Legge di bilancio 2017: vantaggi per alcuni, spese per tutti" (liberamente dispinibile in pdf) realizzato da Luca Minola. Vale la pena leggerlo per capire un po' meglio gli impieghi del denaro pubblico, ma anche le opportunità.
Nel focus vengono analizzate ed elencate in dettaglio le principali misure contenute nella legge, in base ai soggetti a cui sono indirizzate.

2017... l'anno che verrà

Facili profezie di inizio anno (alla Frate Indovino).
Dal momento che l'uomo è sempre uguale a se stesso, è facile ipotizzare che le inquitudini maggiori delle persone riguarderanno il lavoro, la sicurezza, la salute, l'accesso alle cure, il cibo sicuro, l'educazione dei figli e la preoccupazione per i risparmi. Prepariamoci perché le dichiarazioni dei politici, gli articoli di giornali, post e twit verteranno per lo più su questi argomenti.
Qui si seguito alcune considerazioni su:

1) Salute, ambiente e cibo.

Sul fronte della salute, il tema si lega sempre di più alla qualità ambientale. A fine 2016 l'Agenzia europea per l'ambiente (Eea) ha dichiarato che  lo smog abbassa la qualità della vita ed è all'origine di 467mila morti premature in Europa (qui potete leggere l'Air quality in Europe - 2016).

2) Ricostruzione e corruzione.

Assisteremo alla ricostruzione post terremoto (o almeno me lo auguro!). A questo proposito mi auguro che le buone intenzioni espresse da Michele Corradino, Commissario dell'Anac (Autorità nazionale anticorruzione) siano realtà. Mi riferisco al suo libro "E' normale... lo fanno tutti. Storie dal vivo di affaristi, corrotti e corruttori" (Edizione Chiarelettere, 2016).
Per la corretta ricostruzione non bisogna intervenire bloccando le opere, ma accompagnare le amministrazioni in un percorso di legalità. In particolare, il controllo dell'Anac riguarda prevalentemente i bandi, le procedure di gara, le assegnazioni (il controllo delle aziende edili è invece affidato al Ministero dell'Interno). Inoltre il nuovo Codice degli appalti restringe la possibilità di introdurre varianti e individua diversi livelli di responsabilità, rendendo più semplice fare delle verifiche a posteriori. Nel libro si parla di corruzione 2.0, ovvero di un nuovo  modello di tangente, smaterializzata: non più solo scambio di denaro in cambio di un favore, ma anche un favore contro un favore (es. il subappalto come tangente).
Sempre a proposito di corruzione, secondo l'Associazione Transparency International Italia, ogni anno alla collettività la corruzione e lo spreco nel Servizio sanitario nazionale costano sei miliardi di euro. Negli ultimi cinque anni in quattro aziende sanitarie su dieci si sono verificati espisodi di corruzione.

3) Sharing economy, se ne riparlerà

A fine 2016, la proposta di legge parlamentare sulla sharing economy è stata respinta. Ha però avuto il merito di essere il primo tentativo di regolamentare il fenomeno, per il quale occorre garantire le tutele di chi utilizza i beni e i servizi in comune, contribuendo anche a far entrare nelle casse del fisco le imposte connesse ai guadagni.
Nel frattempo l'Osservatorio nazionale per la sharing mobility dà alcuni numeri significativi: 13.000 le biciclette offerte in condivisione (bikesharing), 200 i comuni italini che hanno attivo il bikesharing, 5.764 le auto offeere in condivisione in Italia (carsharing), 29 le cttà italiane che offrono il servizio di carsharing.
Nel frattempo, in Italia aumentano le iniziative di sharing a livello territoriale: Toyscircus (primo noleggio italiano di giocattoli), Ginger (Gestione idee geniali in Emilia Romagna, una piattaforma di crowfunding a chilometro zero), GoGoBus (servizio di social bus sharing).