domenica 24 agosto 2008

LA LEGGENDA DEI MONTI NAVIGANTI

Ero partito per fuggire il mondo, e invece ho finito per trovare un mondo: a sorpresa, il viaggio è diventato epifania di un'Italia vitale e segreta. Ne ho scritto con rabbia e meraviglia. Meraviglia per la fiabesca bellezza del paesaggio umano e naturale; rabbia per il potere che lo ignora.
Come ogni vascello nel mare grosso, la montagna può essere un insopportabile incubo di faide, invidie e chiusure. Ma può essere anche il perfetto luogo-rifugio di uomini straordinari, gente capace di opporsi all'insensata monocultura del mondo contemporaneo.
Contro questi "giardinieri di Dio" - elfi guardiani dei loro microcosmi e garanti dell'equilibrio ambientale della nazione - si sono accaniti in tanti (...).
Il risultato è che la montagna - pur essendo la spina dorsale fisica del paese - è totalmente scomparsa, guarda caso con la Resistenza, dalla politica e persino dall'immaginario nazionale. Sia le Alpi sia gli Appennini restano mondi subalterni, privi di autostima e di rappresentanza politica.
Oggi, a viaggio finito, so che dietro ogni alluvione, dietro ogni siccità, dietro ogni emergenza climatica, non vi è solo l'effetto serra, ma anche la guerra sistematica del potere contro le periferie più vitali, quelle capaci di tenere vivo il territorio e di impedirne la devastazione finale
" (Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti, Milano, Feltrinelli 2007)

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