"Un tempo non avevo difficoltà a immergermi in un libro o in un lungo articolo: la mia mente si lasciava catturare dal racconto - o dalla complessità di un ragionamento - e trascorrevo ore a percorrere in lungo e in largo il testo. Oggi non ci riesco quasi più. Anzi, spesso la concentrazione comincia a calare dopo due o tre pagine. Non riesco a stare fermo, perdo il filo, cerco qualcos'altro da fare. (...) Come ha osservato negli anni sessanta il teorica dei mass media Marshall McLuhan, i mezzi d'informazione non sono dei canali passivi: forniscono i contenuti su cui si elabora un pensiero, ma al tempo stesso influenzano lo stesso processo di formazione del pensiero. Ho l'impressione che internet stia demolendo la mia capacità di concentrazione e di riflessione".
Il pensiero del giornalista statunitense, cui il settimanale “Internazionale” ha dedicato un ampio spazio (nr. 751 del 4/10 luglio 2008), ha scatenato un acceso dibattito tra i guru della rete. Stowe Boyd, esperto di tecnologie, ad esempio sostiene che se ancora non siamo in grado di riconoscere la superiorità del “pensiero reticolare”, proprio di internet, è solo perché continuiamo a confrontarlo con il nostro vecchio “modo lineare” di ragionare, basato su testi lunghi. “Questo modello reticolare – sostiene Boyd – permette di ascoltare più voci che discutono tra loro”, passando da una tesi all’altra attraverso una rete.
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